domenica 28 novembre 2010

Umberto Saba - A Gesù Bambino



La notte è scesa
e brilla la cometa
che ha segnato il cammino.
Sono davanti a Te, Santo Bambino!
Tu re dell'Universo,
ci hai insegnato
che tutte le creature sono uguali,
che le distingue solo la bontà,
tesoro immenso,
dato al povero e al ricco.
Gesù fa che io sia buono,
che in cuore non abbia che dolcezza.
Fa' che il tuo dono
s'accresca in me ogni giorno
e intorno lo diffonda,
nel tuo nome.

Luigi Pirandello - Sogno di Natale



Sentivo da un pezzo sul capo inchinato tra le braccia come l'impressione d'una mano lieve, in atto tra di carezza e di protezione. Ma l'anima mia era lontana, errante pei luoghi veduti fin dalla fanciullezza, dei quali mi spirava ancor dentro il sentimento, non tanto però che bastasse al bisogno che provavo di rivivere, fors'anche per un minuto, la vita come immaginavo si dovesse in quel punto svolgere in essi.

Era festa dovunque: in ogni chiesa, in ogni casa: intorno al ceppo, lassù; innanzi a un Presepe, laggiù; noti volti tra ignoti riuniti in lieta cena; eran canti sacri, suoni di zampogne, gridi di fanciulli esultanti, contese di giocatori... E le vie delle città grandi e piccole, dei villaggi, dei borghi alpestri o marini, eran deserte nella rigida notte. E mi pareva di andar frettoloso per quelle vie, da questa casa a quella, per godere della raccolta festa degli altri; mi trattenevo un poco in ognuna, poi auguravo:

- Buon Natale - e sparivo...

Ero già entrato così, inavvertitamente, nel sonno e sognavo. E nel sogno, per quelle vie deserte, mi parve a un tratto d'incontrar Gesù errante in quella stessa notte, in cui il mondo per uso festeggia ancora il suo natale. Egli andava quasi furtivo, pallido, raccolto in sé, con una mano chiusa sul mento e gli occhi profondi e chiari intenti nel vuoto: pareva pieno d'un cordoglio intenso, in preda a una tristezza infinita.

Mi misi per la stessa via; ma a poco a poco l'immagine di lui m'attrasse così, da assorbirmi in sé; e allora mi parve di far con lui una persona sola. A un certo punto però ebbi sgomento della leggerezza con cui erravo per quelle vie, quasi sorvolando, e istintivamente m'arrestai. Subito allora Gesù si sdoppiò da me, e proseguì da solo anche più leggero di prima, quasi una piuma spinta da un soffio; ed io, rimasto per terra come una macchia nera, divenni la sua ombra e lo seguii.

Sparirono a un tratto le vie della città: Gesù, come un fantasma bianco splendente d'una luce interiore, sorvolava su un'alta siepe di rovi, che s'allungava dritta infinitamente, in mezzo a una nera, sterminata pianura. E dietro, su la siepe, egli si portava agevolmente me disteso per lungo quant'egli era alto, via via tra le spine che mi trapungevano tutto, pur senza darmi uno strappo.

Dall'irta siepe saltai alla fine per poco su la morbida sabbia d'una stretta spiaggia: innanzi era il mare; e, su le nere acque palpitanti, una via luminosa, che correva restringendosi fino a un punto nell'immenso arco dell'orizzonte. Si mise Gesù per quella via tracciata dal riflesso lunare, e io dietro a lui, come un barchetto nero tra i guizzi di luce su le acque gelide.

A un tratto, la luce interiore di Gesù si spense: traversavamo di nuovo le vie deserte d'una grande città. Egli adesso a quando a quando sostava a origliare alle porte delle case più umili, ove il Natale, non per sincera divozione, ma per manco di denari non dava pretesto a gozzoviglie.

- Non dormono... - mormorava Gesù, e sorprendendo alcune rauche parole d'odio e d'invidia pronunziate nell'interno, si stringeva in sé come per acuto spasimo, e mentre l'impronta delle unghie restavagli sul dorso delle pure mani intrecciate, gemeva: - Anche per costoro io son morto...

Andammo così, fermandoci di tanto in tanto, per un lungo tratto, finché Gesù innanzi a una chiesa, rivolto a me, ch'ero la sua ombra per terra, non mi disse:

- Alzati, e accoglimi in te. Voglio entrare in questa chiesa e vedere.

Era una chiesa magnifica, un'immensa basilica a tre navate, ricca di splendidi marmi e d'oro alla volta, piena d'una turba di fedeli intenti alla funzione, che si rappresentava su l'altar maggiore pomposamente parato, con gli officianti tra una nuvola d'incenso. Al caldo lume dei cento candelieri d'argento splendevano a ogni gesto le brusche d'oro delle pianete tra la spuma dei preziosi merletti del mensale.

- E per costoro - disse Gesù entro di me - sarei contento, se per la prima volta io nascessi veramente questa notte.

Uscimmo dalla chiesa, e Gesù, ritornato innanzi a me come prima posandomi una mano sul petto riprese:

- Cerco un'anima, in cui rivivere. Tu vedi ch'ìo son morto per questo mondo, che pure ha il coraggio di festeggiare ancora la notte della mia nascita. Non sarebbe forse troppo angusta per me l'anima tua, se non fosse ingombra di tante cose, che dovresti buttar via. Otterresti da me cento volte quel che perderai, seguendomi e abbandonando quel che falsamente stimi necessario a te e ai tuoi: questa città, i tuoi sogni, i comodi con cui invano cerchi allettare il tuo stolto soffrire per il mondo... Cerco un'anima, in cui rivivere: potrebbe esser la tua come quella d'ogn'altro di buona volontà.

- La città, Gesù? - io risposi sgomento. - E la casa e i miei cari e i miei sogni?

- Otterresti da me cento volte quel che perderai – ripeté Egli levando la mano dal mio petto e guardandomi fisso con quegli occhi profondi e chiari.

- Ah! io non posso, Gesù... - feci, dopo un momento di perplessità, vergognoso e avvilito, lasciandomi cader le braccia sulla persona.

Come se la mano, di cui sentivo in principio del sogno l'impressione sul mio capo inchinato, m'avesse dato una forte spinta contro il duro legno del tavolino, mi destai in quella di balzo, stropicciandomi la fronte indolenzita. E qui, è qui, Gesù, il mio tormento! Qui, senza requie e senza posa, debbo da mane a sera rompermi la testa.

Salvatore Quasimodo - Natale

Natale. Guardo il presepe scolpito,
dove sono i pastori appena giunti
alla povera stalla di Betlemme.
Anche i Re Magi nelle lunghe vesti
salutano il potente Re del mondo.
Pace nella finzione e nel silenzio
delle figure di legno: ecco i vecchi
del villaggio e la stella che risplende,
e l'asinello di colore azzurro.
Pace nel cuore di Cristo in eterno;
ma non v'è pace nel cuore dell'uomo.
Anche con Cristo e sono venti secoli
il fratello si scaglia sul fratello.
Ma c'è chi ascolta il pianto del bambino
che morirà poi in croce fra due ladri?

GIANNI RODARI - IL PELLEROSSA NEL PRESEPE

Il pellerossa con le piume in testa
e con l'ascia di guerra in pugno stretta,
com'è finito tra le statuine
del presepe, pastori e pecorine,
e l'asinello, e i maghi sul cammello,
e le stelle ben disposte,
e la vecchina delle caldarroste?
Non è il tuo posto, via! Toro Seduto:
torna presto di dove sei venuto.
Ma l'indiano non sente. O fa l'indiano.
Se lo lasciamo, dite, fa lo stesso?
O darà noia agli angeli di gesso?
Forse è venuto fin qua,
ha fatto tanto viaggio,
perchè ha sentito il messaggio:
pace agli uomini di buona volontà.

sabato 27 novembre 2010

Giudo Gozzano - La befana













Discesi dal lettino
son là presso il camino,
grandi occhi estasiati,
i bimbi affaccendati

a metter la scarpetta
che invita la Vecchietta
a portar chicche e doni
per tutti i bimbi buoni.

Ognun, chiudendo gli occhi,
sogna dolci e balocchi;
e Dori, il più piccino,
accosta il suo visino

alla grande vetrata,
per veder la sfilata
dei Magi, su nel cielo,
nella notte di gelo.

Quelli passano intanto
nel lor gemmato manto,
e li guida una stella
nel cielo, la più bella.

Che visione incantata
nella notte stellata!
E la vedono i bimbi,
come vedono i nimbi

degli angeli festanti
ne' lor candidi ammanti.
Bambini! Gioia e vita
son la vision sentita

nel loro piccolo cuore
ignaro del dolore.

Giovanni Pascoli - La Befana

Viene viene la Befana

vien dai monti a notte fonda.

Come è stanca! La circonda

neve, gelo e tramontana.

Viene viene la Befana.

Ha le mani al petto in croce,

e la neve è il suo mantello

ed il gelo il suo pannello

ed il vento la sua voce.

Ha le mani al petto in croce.

E s’accosta piano piano

alla villa, al casolare,

a guardare, ad ascoltare

or più presso or più lontano.

Piano piano, piano piano.

Che c’è dentro questa villa?

Uno stropiccìo leggero.

Tutto è cheto, tutto è nero.

Un lumino passa e brilla.

Che c’è dentro questa villa?

Guarda e guarda...tre lettini

con tre bimbi a nanna, buoni.

guarda e guarda...ai capitoni

c’è tre calze lunghe e fini.

Oh! tre calze e tre lettini.

Il lumino brilla e scende,

e ne scricchiolan le scale;

il lumino brilla e sale,

e ne palpitan le tende.

Chi mai sale? Chi mai scende?

Co’ suoi doni mamma è scesa,

sale con il suo sorriso.

Il lumino le arde in viso

come lampada di chiesa.

Co’ suoi doni mamma è scesa.

La Befana alla finestra

sente e vede, e s’allontana.

Passa con la tramontana,

passa per la via maestra,

trema ogni uscio, ogni finestra.

E che c’è nel casolare?

Un sospiro lungo e fioco.

Qualche lucciola di fuoco

brilla ancor nel focolare.

Ma che c’è nel casolare?

Guarda e guarda... tre strapunti

con tre bimbi a nanna, buoni.

Tra la cenere e i carboni

c’è tre zoccoli consunti.

Oh! tre scarpe e tre strapunti...

E la mamma veglia e fila

sospirando e singhiozzando,

e rimira a quando a quando

oh! quei tre zoccoli in fila...

Veglia e piange, piange e fila.

La Befana vede e sente;

fugge al monte, ch’è l’aurora.

Quella mamma piange ancora

su quei bimbi senza niente.

La Befana vede e sente.

La Befana sta sul monte.

Ciò che vede è ciò che vide:

c’è chi piange e c’è chi ride;

essa ha nuvoli alla fronte,

mentre sta sull’aspro monte.

Gianni Rodari - Filastrocca di Capodanno









Filastrocca di Capodanno
fammi gli auguri per tutto l’anno:

Voglio un gennaio col sole d’aprile,
un luglio fresco, un marzo gentile,

Voglio un giorno senza sera,
voglio un mare senza bufera,

voglio un pane sempre fresco,
sul cipresso il fiore del pesco,

che siano amici il gatto e il cane,
che diano latte le fontane.

Se voglio troppo, non darmi niente,
dammi una faccia allegra solamente.

Gianni Rodari - Anno nuovo
Filastrocca









Indovinami, indovino,

tu che leggi nel destino:

l’anno nuovo come sarà?

Bello, brutto o metà e metà?

Trovo stampato nei miei libroni

che avrà di certo quattro stagioni,

dodici mesi, ciascuno al suo posto,

un carnevale e un ferragosto,

e il giorno dopo il lunedì

sarà sempre un martedì.

Di più per ora scritto non trovo

nel destino dell’anno nuovo:

per il resto anche quest’anno

sarà come gli uomini lo faranno.

mercoledì 24 novembre 2010

Madre Teresa di Calcutta - E' NATALE

















E' Natale ogni volta
che sorridi a un fratello
e gli tendi la mano.

E' Natale ogni volta
che rimani in silenzio
per ascoltare l'altro.

E' Natale ogni volta
che non accetti quei principi
che relegano gli oppressi
ai margini della società.

E' Natale ogni volta
che speri con quelli che disperano
nella povertà fisica e spirituale.

E' Natale ogni volta
che riconosci con umiltà
i tuoi limiti e la tua debolezza.

E' Natale ogni volta
che permetti al Signore
di rinascere per donarlo agli altri.

Giuseppe Ungaretti - Natale







Giuseppe Ungaretti - Natale

Non ho voglia
di tuffarmi
in un gomitolo
di strade

Ho tanta
stanchezza
sulle spalle

Lasciatemi così
come una
cosa
posata
in un
angolo
e dimenticata

Qui
non si sente
altro
che il caldo buono

Sto
con le quattro
capriole
di fumo
del focolare

martedì 7 settembre 2010

Michael Santhers - Settembre

Il tremolio di calura
cede il posto
all'aria tersa e vitrea
e sui volti si materializza
il destino da leggere
in un tempo di zona franca
ove sosta la morte emigrante
-In fila gli alberi
per il pegno dei frutti
e l'addio senza saluto delle foglie
-Comatosi torrenti
ricominciano a tossire
richiamano al capezzale dei risorti
gli uccelli a bere ultima acquasanta
per partire o restare
-S'appresta a rinverdire
l'erba ingiallita per donarsi
con decoro alla seconda morte, d'inverno
-Riso amaro di bimbi
tirati dal rigore di scuola
e ricordi d'aquiloni stracarichi di sogni
caduti in mare ma superstite qualcuno
gioca ancora a nascondino
tra i dentini mentre grosse nuvole
sembrano vortice di fumo
uscite dalla pipa di Dio
-Saluta l'ultima rondine testarda
innamorata e rifiutata da una capinera

ATTILIO BERTOLUCCI - SETTEMBRE

Chiaro cielo di settembre
illuminato e paziente
sugli alberi frondosi
sulle tegole rosse

fresca erba
su cui volano farfalle
come i pensieri d’amore
nei tuoi occhi

giorno che scorri
senza nostalgie
canoro giorno di settembre
che ti specchi nel mio calmo cuore.

Gianni Rodari - Parole nuove






lo conosco un signore
che inventa parole nuove.
Per esempio ha inventato
lo «spennello»
che serve per disfare
un quadro se non è bello.
Ra inventato l'anticappello
(per le persone che
non sentono freddo alla testa),
lo stemporale e lo stempesta,
che fanno tornare subito il sole,
e molte altre parole
di grande utilità
in campagna ed in città.
Ora ha in mente di inventare
il verbo slitigare,
per dividere i tipi letichini
e trasformare i nemici
in buoni vicini.
Finora quel verbo
gli è venuto maluccio, non funziona.
Ma lui non si sgomenta,
ogni giorno ritenta
e prima o poi di certo troverà
la parola per mettere d'accordo
tutta l'umanità.

Gianni Rodari - Il primo giorno di scuola

Poesie e filastrocche primi giorni di scuola - accoglienza




Suona la campanella
scopa scopa la bidella,
viene il bidello ad aprire il portone,
viene il maestro dalla stazione
viene la mamma, o scolaretto,
a tirarti giù dal letto...
Viene il sole nella stanza:
su, è finita la vacanza.
Metti la penna nell'astuccio,
l'assorbente nel quadernuccio,
fa la punta alla matita
e corri a scrivere la tua vita.
Scrivi bene, senza fretta
ogni giorno una paginetta.
Scrivi parole diritte e chiare:
Amore, lottare, lavorare.

giovedì 3 giugno 2010

G. Rodari - VACANZE PER TUTTI




Filastrocca vola e va
del bambino rimasto in città.
Chi va al mare ha vita serena
e fa castelli con la rena,
chi va ai monti fa le scalate
e prende la doccia delle cascate..
E chi quattrini non ne ha?
Solo resta in città:
si sdraia al sole sul marciapiede,
se non c’è un vigile che lo vede,
e i suoi battelli sottomarini
fanno vela nei tombini.
Quando divento Presidente
faccio un decreto a tutta la gente:
- Ordinanza numero uno:
in città non resta nessuno;
ordinanza che viene poi,
tutti al mare, paghiamo noi;
inoltre le Alpi e gli Appennini
sono donati a tutti i bambini.
Chi non rispetta il decreto
va in prigione difilato.

Pablo Neruda - Estate




Ardono i seminati,
scricchiola il grano,
insetti azzurri cercano ombra,
toccano il fresco...
...E a sera
riposa il fuoco,
la brezza
fa ballare il trifoglio,
sale
una stella
fresca
verso il cielo
cupo,
crepita senza bruciare
la notte
dell’estate.

G. Rodari - Il Mese di Giugno




Filastrocca del mese di giugno,
il contadino ha la falce in pugno:
mentre falcia l'erba e il grano
un temporale spia lontano.
Gli scolaretti sui banchi di scuola
hanno perso la parola:
apre il maestro le pagelle
e scrive i voti nelle caselle...
"Signor maestro,per cortesia,
non scriva quel quattro sulla mia:
Quel cinque,poi,non ce lo metta
sennò ci perdo la bicicletta:
se non mi boccia,glielo prometto,
le lascio fare qualche giretto".

P. Neruda - Oh Estate!






Oh estate 
abbondante,
carro
di mele
mature,
bocca
di fragola
in mezzo al verde,
labbra
di susina selvatica,
strade
di morbida polvere
sopra
la polvere,
mezzogiorno,
tamburo
di rame rosso,
e a sera
riposa
il fuoco,
la brezza
fa ballare
il trifoglio,entra
nell'officina deserta;
sale
una stella
fresca
verso il cielo
cupo,
crepita
senza bruciare
la notte
dell'estate.

P. Neruda - Estate







Ardono i seminati,
scricchiola il grano,
insetti azzurri cercano ombra,
toccano il fresco.
E a sera
salgono mille stelle fresche
verso il cielo cupo.
Son lucciole vagabonde.
crepita senza bruciare
la notte dell'estate.

F. Garcia Lorca - Notte d'Estate




L'acqua della fonte
suona il suo tamburo
d'argento.
Gli alberi
tèssono il vento
e i fiori lo tingono
di profumo.
Una ragnatela
immensa
fa della luna
una stella.

giovedì 18 marzo 2010

Lina - Per il papà









La sera torni stanco
quasi non vuoi parlare
ma se mi ascolti un poco
con me potrai giocare
giocando lo sai
la stanchezza vola via
e con la fantasia
un mondo nuovo ci sarà...
Un mondo senza guerre
né fame né confini
dove tutti i bambini
felici potran giocar
Lina

martedì 2 marzo 2010

Cesare Pavese - Primavera




Sarà un volto chiaro.
S'apriranno le strade
sui colli di pini
e di pietra....
I fiori spruzzati
di colore alle fontane
occhieggeranno come
donne divertite:Le scale
le terrazze le rondini
canteranno nel sole.

Salvatore Quasimodo - Specchio

Ed ecco sul tronco
si rompono le gemme:
un verde più nuovo dell'erba
che il cuore riposa:
il tronco pareva già morto,
piegato sul fosso.
E tutto sa di miracolo;
e sono quell'acqua di nube
che oggi rispecchia nei fossi
più azzurro il suo pezzo di cielo,
quel verde che spacca la scorza
che pure stanotte non c'era.

Giosuè Carducci - Maggiolata





Maggio risveglia i nidi,
maggio risveglia i cuori;
porta le ortiche e i fiori,
i serpi e l'usignol.
Schiamazzano i fanciulli
in terra, e in ciel gli augelli;
le donne han nei capelli
rose, ne gli occhi il sol.
Tra colli, prati e monti,
di fior tutto è una trama:
canta, germoglia ed ama
l'acqua, la terra, il ciel.

Giacomo Leopardi - Primavera brilla nell'aria

Giacomo Leopardi - Primavera brilla nell'aria, poesia



Primavera d’intorno
Brilla nell’aria, e per li campi esulta,
sì che a mirarla intenerisce il core.
Odi greggi belar, muggire armenti;
gli altri augelli, contenti, a gara insieme,
per lo libero ciel fan mille giri,
pur festeggiando il loro tempo migliore.

sabato 27 febbraio 2010

Gianni Rodari






"Tutti gli usi della parola a tutti" mi sembra un bel motto, dal bel suono democratico. Non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo".




domenica 21 febbraio 2010

Guido Gozzano - Pasqua




A festoni la grigia parietaria
come una bimba gracile s'affaccia
ai muri della casa centenaria.

Il ciel di pioggia è tutto una minaccia
sul bosco triste, ché lo intrica il rovo
spietatamente, con tenaci braccia.

Quand'ecco dai pollai sereno e nuovo
il richiamo di Pasqua empie la terra
con l'antica pia favola dell'ovo.

Maria loretta Giraldo - Dall'uovo di Pasqua





Dall'uovo di Pasqua
è uscito un pulcino
di gesso arancione
col becco turchino.
Ha detto: "Vado,
mi metto in viaggio
e porto a tutti
un grande messaggio".
E volteggiando
di qua e di là
attraversando
paesi e città
ha scritto sui muri,
nel cielo e per terra:
"Viva la pace,
abbasso la guerra".

lunedì 15 febbraio 2010

8 marzo - Festa della donna



Donne Appassionate

Le ragazze al crepuscolo scendendo in acqua,
quando il mare svanisce, disteso. Nel bosco
ogni foglia trasale, mentre emergono caute
sulla sabbia e si siedono a riva. La schiuma
fa i suoi giochi inquieti,lungo l'acqua remota.

Le ragazze han paura delle alghe sepolte
sotto le onde, che afferrano le gambe e le spalle:
quant'è nudo, del corpo. Rimontano rapide a riva
e si chiamano a nome, guardandosi intorno.
Anche le ombre sul fondo del mare, nel buio,
sono enormi e si vedono muovere incerte,
come attratte dai corpi che passano. Il bosco
è un rifugio tranquillo, nel sole calante,
più che il greto, ma piace alle scure ragazze
star sedute all'aperto, nel lenzuolo raccolto.

Stanno tutte accosciate, serrando il lenzuolo
alle gambe, e contemplando il mare disteso
come un prato al crepuscolo. Oserebbe qualcuna
ora stendersi nuda in un prato? Dal Mare
balzerebbero le alghe, che sfiorano i piedi,
a ghermire e ravvolgere il corpo tremante.
Ci son occhi nel mare, che traspaiono a volte.

Quell'ignota straniera, che nuotava di notte
sola e nuda, nel buio quando la luna,
è scomparsa una notte e non torna mai più.
Era grande e doveva esser bianca abbagliante
perchè gli occhi, dal fondo del mare, giungessero a lei.

Cesare Pavese

Pablo Neruda - La mimosa





Andavo da San Jeronimo
verso il porto
quasi addormentato
quando
dall’inverno
una montagna
di luce gialla
una torre fiorita
spuntò sulla strada e tutto
si riempì di profumo.
Era una mimosa.

8 marzo - Festa della donna









Corpo di donna...

Corpo di donna, bianche colline, cosce bianche, 
assomigli al mondo nel tuo gesto di abbandono. 
Il mio corpo di rude contadino ti scava 
e fa scaturire il figlio dal fondo della terra. 
Fui solo come un tunnel. Da me fuggivano gli uccelli 
e in me irrompeva la notte con la sua potente invasione. 
Per sopravvivere a me stesso ti forgiai come un'arma, 
come freccia al mio arco, come pietra per la mia fionda. 
Ma viene l'ora della vendetta, e ti amo. 
Corpo di pelle, di muschio, di latte avido e fermo. 
Ah le coppe del seno! Ah gli occhi d'assenza! 
Ah le rose del pube! Ah la tua voce lenta e triste! 
Corpo della mia donna, resterò nella tua grazia. 
Mia sete, mia ansia senza limite, mio cammino incerto! 
Rivoli oscuri dove la sete eterna rimane, 
e la fatica rimane, e il dolore infinito.

Pablo Neruda

8 marzo - Festa della donna



Donna

Donna, non sei soltanto l'opera di Dio,
ma anche degli uomini, che sempre
ti fanno bella con i loro cuori.
I poetai ti tessono una rete
con fili di dorate fantasie;
i pittori danno alla tua forma
sempre nuova immortalità.
Il mare dona le sue perle,
le miniere il loro oro,
i giardini d'estate i loro fiori
per adornarti, per coprirti,
per renderti sempre più preziosa.
Il desiderio del cuore degli uomini
ha steso la sua gloria
sulla tua giovinezza.
Per metà sei donna,
e per metà sei sogno.

Rabindranath Tagore

venerdì 12 febbraio 2010

Roberto Piumini - C'era un gatto cavaliere


C'era un gatto cavaliere
che portava una farfalla,
la portava per piacere
a una gatta rossa e gialla.

C'era un gatto innamorato
che cantava tutta notte:
la sua gatta ha conquistato
ma si è preso delle botte.

C'era un gatto cavaliere,
un campione d'eleganza:
ora lo si può vedere
dentro quell'ambulanza.

Roberto Piumini - Se i libri fossero





Se i libri fossero di torrone,
ne leggerei uno a colazione.

Se un libro fosse fatto di prosciutto,
a mezzogiorno lo leggerei tutto.

Se i libri fossero di marmellata,
a merenda darei una ripassata.

Se i libri fossero frutta candita,
li sfoglierei leccandomi le dita.

Se un libro fosse di burro e panna,
lo leggerei prima della nanna.

Roberto Piumini - La Lucertola Gonzilla




C'era una volta una lucertola molto prepotente: era più grossa delle altre e si chiamava Gonzilla. Quando vedeva un'altra lucertola, le andava davanti e diceva:
"Non rubarmi il sole, tu!"
"Ma io non te lo rubo, Gonzilla! Di sole ce n'è per tutte!"
"Storie! Il sole che prendi tu non lo prendo io!" gridava Gonzilla. "Vattene, o ti mordo la coda!"
Più in là c'era un'altra lucertola al sole. Gonzilla le correva davanti.
"Questo sole è per me, ladruncola!"
"Ma di sole ce n'è per tutte!"
"Sciocchezze! Il sole che prendi tu non lo prendo io!", e la scacciava.
Così faceva Gonzilla, giorno dopo giorno. La vita delle lucertole era difficile, e allora decisero di andare da Malibù, una vecchia gazza saggia, che viveva su un'acacia.
Malibù ascoltò le lucertole, e così rispose:
"Domani a mezzogiorno nascondetevi tutte, e lasciate fare a me."
Il giorno dopo Malibù volò su un ramo vicino a dove Gonzilla stava prendendo il sole. Non c'era nessun'altra lucertola nelle vicinanze. La gazza guardò un poco Gonzilla,
poi tolse da sotto le piume una lente che aveva rubato qualche anno prima sulla nave di un pirata. La mosse di qua e di là, spostandosi sul ramo, finché riuscì a concentrare un raggio di sole sulla testa di Gonzilla, che se ne stava beata a occhi chiusi.
"Ahiahia!" gridò la lucertolona, e aprì gli occhi. Da sopra la testa saliva un filo di fumo.
"Cosa succede, cara?" disse Malibù, dopo aver nascosto la lente sotto l'ala.
"Succede che mi sono bruciata qui sopra!"
"E' stata la luce del sole, cara!" disse Malibù, muovendo la coda pennata.
"Il sole? Ma come? Il sole non mi ha mai scottato in questo modo!" disse Gonzilla.
"Eh già…Ma vedi, adesso le altre lucertole non ci sono più…" disse la gazza. "Prima la luce andava su tutte: ora che sei sola cade tutta su di te, e ti scotta!"
"Davvero?" disse Gonzilla, e si mise a correre di qua e di là chiamando: "Sorelle, amiche, lucertole care, tornate, presto!"
Fu così che Gonzilla smise di disturbare le lucertole, e non si scottò più.
Racconto tratto dal volume

"Mi leggi un'altra storia?"

R. Piumini - T. Altan

Lo scaffale d'Oro
Einaudi Ragazzi
2001

giovedì 11 febbraio 2010

B. Garan - Filastrocca della palla


Palla verde palla verde
chi si trova e chi si perde.
Palla rotta palla rotta
pesta i piedi alla marmotta.
Palla gialla palla gialla
batte l'ali la farfalla.
Palla piatta palla piatta
non mangiare la mia gatta.
Palla bella palla bella
va a sederti su una stella.
Palla blu palla blu
da un bacio a chi vuoi tu.

Sabrina Giarratana - Filastrocca dell'albero







Albero abbraccio e respiro del mondo
Strade radici che arrivano in fondo
Chissà da dove arriva il tuo suono
Suono che parla di un cuore buono
Chissà da dove arriva il tuo canto
Canto di foglie, che vibra d’incanto
Mentre ti ascolto, ti parlo e ti penso
E il mio discorso diventa denso:
Tieniti stretto a questa terra
Cresci più libero che in una serra
Afferra il cielo, portalo a noi
Tendi i tuoi sogni più in alto che puoi
E se qualcuno ti vuole strappare
Tu vienimi a chiamare.

N. Codignola - Filastrocca della coccinella








Filastrocca della coccinella
che sembra finta da tanto è bella,
che a primavera, dovunque va,
indossa solo vestiti a pois,
che se sul braccio ne trovi una
puoi stare sicuro che avrai fortuna.

N. Codignola - Filastrocca della cicala






Filastrocca della cicala
che struscia struscia ala su ala,
che fa un rumore talmente forte
che copre il suono del pianoforte
e che a sentirla ovunque siate
capite subito che è piena estate!

Sabrina Giarratana - Filastrocca del vento





Vento stregato, vento fatato
Bocca che soffi con tutto il tuo fiato
Vento ventaccio, vento ventaglio
Lama affilata che quasi mi taglio
Vento smarrito, vento impazzito
Cupo ululato di lupo impaurito
Vento arrogante, vento potente
Braccio che tiri impazientemente
Ecco, mi hai preso: tirami su
Ma dopo, rimettimi giù.

Geronimo Stilton - Filastrocca del topino



Un formaggino qui,
un tartufino lì;
oh, che bello mangiucchiare;
oh, che delizia rosicchiare;
sono goloso e me ne vanto,
te lo dico e te lo canto.

Sabrina Giarratana - Filastrocca del sole




Sole che ridi e mi baci la faccia
Sento il calore delle tue braccia
Con una mano mi copro gli occhi
Mentre mi tingi di scarabocchi
Macchie, lentiggini e piccoli nei
Tutti i tuoi segni saranno miei
Saran di tutti, saranno belli
Racconteranno che siamo fratelli
Figli del mondo, e come ogni gente
Nati dal tutto e dal niente.

Sabrina Giarratana - Filastrocca del mare





Mare di onde, mare di mare
Se tu mi culli sto qui ad abitare
Mare di cielo, mare di sabbia
Se tu mi abbracci mi passa la rabbia
Mare di sole, mare di fuoco
Se tu mi scaldi sto qui ancora un poco
Mare di aria, mare di vento
Se tu mi parli sono contento.

Gianni Rodari - Filastrocca brontolona





Filastrocca brontolona,
brontola il tuono quando tuona,
brontola il mare quando ha in testa
di preparare una tempesta,
brontola il nonno: "Ah, come vorrei
ritornare ai tempi miei...
Non c'erano allora, egregi signori,
elicotteri e micromotori,
e senza fare tanto fracasso
in carrozzella si andava a spasso".
Accende la pipa, inforca gli occhiali
e affonda il naso nei giornali...
Ma tosto sogginge: "Però...però...
senza lo scooter, che figura fò?
Il mondo cammina, il mondo ha fretta!"
Viva il nonno in motoretta.

Jolanda Restano - 8 Marzo






Donne, donne, donne
mamme, figlie o nonne
mogli, zie o cugine:
tutte assai carine!

Sorelle, amiche, cognate
superimpegnate,
attive e divertenti
belle e avvenenti!

Maestre, madri o spose
frizzanti e spiritose
affabili e gioiose:
vi offro le mimose!

Con pantaloni o gonne
donne, donne, donne!

domenica 7 febbraio 2010

M. H. Giraldo - CARNEVALE






Pulcinella, per strafare,
da un pittore macchiaiolo
un ritratto si va a fare.
Quello, forse, chi lo sa,
perchè vuole dimostrare
la sua grande abilità,
dappertutto schizza e insozza
con i mille e più colori
di una vecchia tavolozza.
Pulcinella è disperato
perchè il candido vestito
da ogni parte s’è macchiato.
Poi ci pensa, fa un inchino:
- Che invenzione! Per quest’anno
mi travesto da Arlecchino.

L. Maraldi - Arlecchino





Con un saltello ed un inchino
eccomi a voi sono Arlecchino.
Son tra le maschere di Carnevale
la più festosa, la più geniale.
Il mio vestito? Fu una sorpresa,
lo cucì la mamma con poca spesa
perchè potessi ben figurare
al gran ballo di Carnevale.
So far scherzetti, son biricchino,
rido alla vita come un bambino.
Saluto tutti anche a distanza
con un leggero passo di danza.

Proverbi di Carnevale




A Carnevale ogni scherzo vale.

Carnevale al sole, Pasqua al fuoco.

E' come un cardo senza sale, far col marito il Carnevale.

Se pensi sempre al male, buonanotte al Carnevale.

A Carnevale il povero a zappare

A Carnevale ogni scherzo vale...e chi si offende è un gran maiale

Carnevale o quaresima, per me è la medesima

Quando il padre fa carnevale, ai figlioli tocca far quaresima

Chissà perché - Il Carnevale
Video









Viva i coriandoli di Carnevale




Viva i coriandoli di Carnevale,
bombe di carta che non fan male!
Van per le strade in gaia compagnia
i guerrieri dell'allegria:
si sparano in faccia risate
scacciapensieri,
si fanno prigionieri
con le stelle filanti colorate.
Non servono infermieri
perchè i feriti guariscono
con una caramella.
Guida l'assalto, a passo di tarantella,
il generale in capo Pulcinella.
Cessata la battaglia, tutti a nanna.
Sul guanciale
spicca come una medaglia
un coriandolo di Carnevale.

Gabriele D'Annunzio - Carnevale vecchio e pazzo




Carnevale vecchio e pazzo
s'è venduto il materasso
per comprare pane, vino,
tarallucci e cotechino.
E mangiando a crepapelle
la montagna di frittelle
gli è cresciuto un gran pancione
che somiglia ad un pallone.
Beve, beve all'improvviso
gli diventa rosso il viso
poi gli scoppia anche la pancia
mentre ancora mangia, mangia.
Così muore il Carnevale
e gli fanno il funerale:
dalla polvere era nato
e di polvere è tornato.

Brighella





Son Brighella, attaccabrighe.
Ho la casacca con le righe,
righe verdi ed alamari,
sempre le tasche senza denari.
Mangio molto, non spendo mai:
niente soldi e niente guai!

Gianduja


Giacca marrone, panciotto giallo
porto i colori del pappagallo;
calzoni verdi, calzette rosse,
col vino mi curo tonsille e tosse.
Naso paonazzo, cappello tricorno
son Gianduia perdigiorno.
Se non vi basta il cappellino
c’è la parrucca col codino.

Gianni Rodari - I viaggi di Pulcinella


Pulcinella andava a Biella,
montò sopra una carrozzella,
e se il cavallo era attaccato
certo a quest'ora era arrivato.
Pulcinella andava a Torino,
montò sopra un cavallino,
e se il cavallo non era di legno
andava a Torino e anche a Collegno.

G. Gaida - Il girotondo delle maschere




E' Gianduia torinese
Meneghino milanese.
Vien da Bergamo Arlecchino
Stenterello è fiorentino.
Veneziano è Panatalone,
con l'allegra Colombina.
Di Bologna Balanzone,
con il furbo Fagiolino.
Vien da Roma Rugantino:
Pur romano è Meo Patacca.
Siciliano Peppenappa,
di Verona Fracanappa
e Pulcinella napoletano.
Lieti e concordi si dan la mano;
vengon da luoghi tanto lontani,
ma son fratelli, sono italiani.

Gianni Rodari - L'invenzione di Pulcinella




Signore e signori, fatevi avanti
più gente entra, più siete in tanti!
Correte a vedere la grande attrazione,
la formidabile invenzione.
Non sono venuto su questo mercato
per vendere il fumo affumicato.
Non sono venuto a questa fiera
per vendere i buchi del gruviera.
Il mio nome è Pulcinella
ed ho inventato la moz - za - rel - la!

Da questa parte, signori e signore
son Pulcinella il grande inventore!
Per consolare i poveretti
ho inventato gli spaghetti.
Per rallegrare a tutti la vita
creai la pizza Margherita!
Olio, farina, pomodoro
nulla vale questo tesoro.
Ad ascoltarlo corre la gente,
si diverte... e non compra niente!!